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Chi sono io?



C'era un tempo in cui mi chiedevo "chi sono io?". Per un po' ho anche cercato di rispondere a questa domanda. Finché ho capito che non solo la risposta non sarebbe arrivata, ma che la domanda stessa non aveva senso.

Il nostro desiderio di "sapere" nasce spesso da un presupposto che diamo per scontato, ma che scontato non è affatto: quello che la mente sia il mezzo per conoscere la verità.

La mente è uno strumento magnifico, grazie al quale possiamo astrarre dei concetti e costruire un linguaggio. La mente serve a organizzare, a gestire misure. Non a svelare l'essenza di un cammino. La mente è un'interfaccia utile per muoverci nel mondo, ma chi conosce l'essenza di ciò che autenticamente siamo è l'io (chiamiamolo così), quella parte di noi che semplicemente "è".

Come parlare con l'io, dunque? Come interrogarlo?

L'io ha un linguaggio pratico. Per dialogare con lui, devi usare il quotidiano, fargli la tua domanda attraverso le scelte che fai ogni giorno. Solo in questo modo attirerai il disvelamento della risposta.

Le domande all'io si fanno con le proprie azioni, con quello che il proprio essere manifesta nei fatti, e non mettendo un punto interrogativo alla fine di qualche parola. In quest'ultimo caso si tratta di domande per la mente, non per l'io.

Magari sei il seme di un mandorlo, e chiedi alla mente chi sei. Allora essa risponde che diventerai un melo, perché ha visto che sei nato in un campo di meli o perché tutti dicono che diventerai un melo.

La mente non può essere interpellata per conoscere la direzione della propria crescita, poiché essa non vede oltre la propria conoscenza. E anche se ti rispondesse che diventerai un mandorlo, non saresti comunque appagato perché, finché non sei davvero qualcosa, non puoi riconoscerti come tale.

Non ti rimane che chiedere all'io, cioè chiedere "attraverso" la tua stessa crescita, e lasciare che la risposta pian piano prenda la sua forma, venga incontro a te. Arriverà il momento in cui fiorirai dei tuoi stessi fiori e capirai che il loro profumo è la risposta che cercavi.

Non puoi "sapere" chi sei. Puoi solo "essere" chi sei.

Camilla





Commenti

fabio comella ha detto…
è incredibile come in pochi mesi tutto mi stia portando a seguire e interessarmi di questi argomenti. Tante coincidenze, troppo che non lo possono essere, tra cui aver trovato questo blog. :)
Camilla Ripani ha detto…
Ciao Fabio, ben arrivato :)
cara Camilla, le tue considerazioni sono vere e ben espresse, ma valide solo se il "sapere" di cui parli è una conoscenza della mente. Forse anche tu conosci Ramana Maharshi, un essere illuminato di cui ho letto tempo fa e di cui ricordo solo che proponesse, a chi si rivolgeva a lui alla ricerca del Vero, di cercare di rispondere alla domanda "Chi sono io?". Mi sembra che in questo caso il senso della domanda fosse quello di cercare l'origine dell'essere che la formulava; si trattava quindi di un conoscere non speculativo, ma essenziale; che è proprio ciò di cui tu parli. Ma l'accento è qui evidentemente sulla "consapevolezza" di essere, che forse è uno stato un po' diverso da quello di "essere" in modo meno consapevole. Ti ho scritto solo perché non mi era piaciuto l'incipit, con "la domanda stessa non aveva senso"; dal mio punto di vista credo che sarebbe meglio dire che essa può avere invece senso, se non viene rivolta alla mente. Grazie comunque per le tue considerazioni e per il tuo lavoro. Un forte abbraccio. Sii felice.
Camilla Ripani ha detto…
Ciao Nando, grazie per il commento. Un forte abbraccio anche a te.

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