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Verso la Meta

Mi spiace per coloro che approdano in questo blog e cercano risposte. Resteranno sicuramente delusi, perché o non ne troveranno, oppure interpreteranno i miei post in modo limitato. Vi prego, non cercate risposte. Cercate piuttosto risonanze, cercate chiavi che aprano porte più grandi, e buttate via tutto il resto. Io faccio altrettanto con voi, cari amici e nemici, maestri e allievi. Uso le chiavi che mi mostrate, ma non le vostre risposte.

Oggi mi preme condividere il mio pensiero sulla "Meta". Credo che molti fra noi siano qui, su questo pianeta, sospinti da un obiettivo interiore.
La mia anima dice che conoscerò la Meta "ogni volta" che avrò occhi per guardare in fondo al cuore. Come se fosse una pluralità di vie, e ogni via richiedesse una sua attenzione.

Quando ci decidiamo a indagare lo scopo del nostro Io profondo, va detto che non possiamo evitare di fare i conti con le "interferenze". Ci sono forze oscure, infatti, che da tempi antichi cospirano per dominare l'intera razza umana e mantenerla nell'ignoranza (almeno, questo è un pezzo della nostra storia galattica).
Niente di nuovo, lo so. Eppure sapere non basta, poiché continuiamo ad accettare passivamente una cultura (anzi una cultade, "culto dell'Ade") che ci ha diseducato al pensiero errato, alle reazioni emotive, alla paura, alla restrizione dei sensi. Non a caso, in noi è stata installata abilmente, fin dalla prima infanzia, la forza delle cattive abitudini, la prigione della mente, il vuoto del bisogno. Affinché, da buoni schiavi sul pianeta, rimanessimo tali e generassimo altri nella nostra stessa condizione.
E non parlatemi di karma, per favore... Il karma esiste ma non è una prigione, è un modo per conoscere se stessi e gli altri, e in questo crescere. E quando quella conoscenza viene incorporata, tutto diventa possibile. Invece, parlare di karma per giustificare una condizione limitante, ecco, questo è la prigione.

Ascoltare la voce della Meta all'interno di un simile avvelenamento, è praticamente impossibile. Occorre quindi, come prima cosa, che ci disintossichiamo.
La disintossicazione deve avvenire su tutti i piani: fisico, emotivo e mentale. Si tratta di un processo intenso e che richiede tempo, richiede amore... Ognuno può trovare il modo di attuarla in relazione alle proprie possibilità e peculiarità.

Il mio modo è il seguente. Ma è solo uno dei tanti.
Sul piano fisico attualmente mi alimento di cibi il più possibile vitali come frutta e verdura cruda, ma anche di cereali senza glutine, legumi e pesce fresco.
Non fumo e non bevo. Evito nel possibile i medicinali, ricorrendo ad alternative naturali.
Pratico attività fisica regolare, yoga, karate (ripreso da poco) e palestra.
Purtroppo lavoro in una grande città, ma il contatto con i luoghi di natura risulta ideale.

Sul piano emotivo accolgo e non giudico tutte le mie emozioni. A volte queste assumono personalità precise quindi dialogo con loro e lascio che si mostrino per quello che sono.
Spesso uso tecniche come Ho'Oponopono per accogliere e purificare gli eventi, invece di andare loro "contro".
Mi mantengo distante da persone che mi fanno sentire emotivamente intossicata. Meglio allora la compagnia di se stessi o di un buon libro.

Sul piano mentale coltivo quotidianamente la mia capacità di pensare in modo costruttivo, lucido e coerente. Mi alleno per scegliere i miei pensieri e non per seguirli a caso.
Per rafforzare il collegamento fra pensiero e azione, faccio spesso uno schema delle cose da fare e mi impongo di portarlo a termine escludendo tutte le altre interferenze, e inoltre la maggior parte delle mie azioni è inserita in un contesto rituale.
Nutro la mente astratta dipingendo, studiando pianoforte, facendo passeggiate nel verde e praticando ogni giorno meditazione.
Non guardo la tv e non impiego il mio tempo con i videogiochi (impigriscono la mente o la rendono più ansiosa, e boicottano la capacità di pensare in modo attivo, intuitivo e creativo - che è il vero senso del "giocare", a differenza del "divertirsi").

In realtà l'argomento della disintossicazione o purificazione è molto più complesso, ma questo è per dare una idea di base.
Va detto che la purificazione in genere interessa soprattutto gli aspiranti spirituali, che la intraprendono spesso in modo spontaneo avvertendo la naturale necessità di raffinare la materia dei propri corpi. Ritengo comunque che a un certo livello farebbe bene a tutti.

Una volta avviato il processo della purificazione, la voce della Meta comincia a farsi più insistente e, in un modo o nell'altro, ci indica i passi successivi da intraprendere.
A tutto ciò si aggiunge uno sgradevole effetto collaterale: se non rimaniamo in ascolto, rischiamo di ammalarci. Infatti la maggior conoscenza ci rende automaticamente più ricettivi nei confronti di energie superiori e quindi più responsabili.

Va detto che molti, per cercare di far luce sul cammino da intraprendere, interrogano cartomanti, sensitive, medium, guide spirituali, maestri... oltre a parenti, amici, amanti, amici virtuali e Facebook.
Tutti strumenti validi, se usati in modo sincronico, cioè nella consapevolezza che ogni cosa intorno a noi ci porta un messaggio e riflette il nostro mondo interiore. Ma diventano grandi ostacoli e motivo di ulteriore intossicazione se rappresentano una compensazione alla personale incapacità di scegliere e "sentirsi".

C'è una cosa che ho messo in atto, in realtà a più riprese e in modo graduale, ma ultimamente con rinnovato vigore: non chiedere più a nessuno né a qualcosa quale sia la mia direzione.
Chiedo a me stessa, e tanti saluti.
Almeno evito di prendermi in giro, dato che siamo sempre e solo noi che decidiamo e che usiamo "le risposte" in base a quel che ci conviene di credere. Solo che, da buoni schiavi, quando la risposta non è (apparentemente) "nostra", possiamo non sentircene responsabili. Ma ciò provoca un gran spreco di energie, e ci mantiene stazionari sempre allo stesso punto o quasi.
Chiedo a me stessa, dunque, e a me stessa soltanto. Se la risposta non arriva, resto in ascolto e continuo comunque a lavorare sulla mia espansione di coscienza, che è l'unico punto di vista che può veramente fornirmi la risposta.
Quanto al resto, interrogo i segni attorno a me solo per connettermi con gli aiuti e i modi per aumentare il mio discernimento, nulla di più. Non voglio risposte, le risposte non mi servono a niente.

Ecco, quest'ultimo passo è ciò che mi ha provocato le trasformazioni 
più intense, anche se non sempre facili... perché ti fa accorgere che l'incertezza può essere un drago estremamente inquietante. 
Ma se resti lì, accanto a te stesso, senza la pretesa di conoscere-controllare-capire ma solo per esserci, ah, che passi da gigante che si fanno!
Provare per credere.







Commenti

Joker ha detto…
Ciao Camilla,

a volte siamo davvero incatenati e le catene più grosse siamo noi stessi a mettercele alle caviglie.

Tutti i consigli che tu dai sono corretti, ma l'ostacolo più grande, almeno per me, è la paura di lasciarsi andare... di abbandonarsi alla propria strada e al proprio destino.

E' come essere un aquilotto il giorno del suo primo volo: sa che solo buttandosi nel vuoto potrà volare, ma il vuoto stesso lo terrorizza e lo blocca.

E come si fa ad affrontare la paura? A superarla? Quando quella sensazione di gelo ti scende nello stomaco, come si fa a scacciarla?

E' la mia doppia natura a farmi questi scherzi? La parte luminosa e prudente contro quella oscura e avventurosa?

Perché possiamo imparare a "percepire" i segni della vita: ma la sfida più grande, è trovare il coraggio di seguirli...

Un abbraccio a te, che con le tue parole raggiungi luoghi della mia anima che nessuno ha mai toccato.
Camilla Ripani ha detto…
Uno dei miei insegnati, quando gli si chiede "come si fa a fare questa cosa?", risponde: "Facendola".
Come si fa a superare una paura?
Superandola e basta.
Sembra una risposta stupida, ma non lo è.
Perché è proprio nel fare che crescono le radici del coraggio.
Il modo giusto, quello che non ci fa sentire paura, infatti secondo me non esiste.
Esiste che a un certo punto facciamo quel che dobbiamo fare, punto.
Poi chiaramente abbiamo un'intelligenza e possiamo usarla per organizzare come e quando.

No, non è uno scherzo della tua doppia natura.
Lo Sfidante è sempre in azione. Prima accetti la sua esistenza e prima ti permetterai di affrontarlo. Però quello che fa, con il suo limitarti, è sfidarti a trovare il modo giusto, a farti intensificare la tua luce.

E ovvio ci si può aiutare anche con delle tecniche, ma se manca il motore della volontà non servono a niente...
Quanto a me, una tecnica che uso spesso (ma ripeto il primo motore è la volontà) è andare incontro proprio a ciò che mi fa paura.
Esempio: mi fa paura parlare davanti a dieci persone? Allora al più presto faccio in modo di parlare davanti a venti persone.
Oppure penso che la paura in realtà mi fa bene, e che non solo non voglio sentire la paura ma addirittura desidero toccarla, abbracciarla, entrarci dentro. La visualizzo allora come una specie di nuvola energetica che mi sta dietro perché mi stava inseguendo, io allora mi giro e ci entro dentro dicendo a me stessa: Questa sensazione di paura è quello che voglio! La paura mi rende libera!
(spero di non sembrarti una pazza... ma è il mio modo... e se funziona, non sto certo a giudicarlo)

E poi puoi provare a chiedere a te stesso.. magari scrivendo sul diario. Chiediti consiglio e resta in ascolto.
In fondo noi ci conosciamo meglio di chiunque altro. Più di quanto immaginiamo.

Un abbraccio a te, Joker dell'anima.
Joker ha detto…
Grazie Camilla,
mi hai dato certamente dei begli spunti su cui riflettere.

E, cavolo, è certamente la cosa giusta da fare. Il problema è quando non dobbiamo badare solo a noi stessi. Quando siamo responsabili di altre persone, a cui vogliamo bene, e le nostre scelte potrebbero farle soffrire, anzi, le nostre scelte li faranno certamente soffrire... allora come si affronta questa paura?

Andandola a cercare? Provocando volontariamente dolore alle persone che amiamo? Faccio un esempio: una coppia con dei figli, se uno dei due genitori inseguisse un sogno (lavoro, ricerca, qualunque cosa) che lo portasse lontano. Il compagno o compagna e i figli ne soffrirebbero... In fondo lui ne è responsabile (soprattutto di figli piccoli e bisognosi dei genitori).

La paura per sé stessi è facile da affrontare: ma quando le nostre scelte gettano altri nella paura, magari bambini che sono ancora piccoli... allora è tutt'altra cosa.

Possiamo davvero ignorare i nostri desideri? Oppure possiamo davvero abbandonare le persone che amiamo, quando hanno bisogno di noi?

Nel primo caso si vivrà rinunciando, nel secondo si inseguiranno i propri sogni con una zavorra...

Ho provato a scrivere sul diario (e anche sul blog), ma davvero al me stesso che fa questa domanda, non so cosa rispondere...

Un abbraccio grande!

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