"La fantasia dell'influenza dei genitori sull'infanzia ci segue per tutta la vita, anche quando i genitori in carne e ossa si sono da un pezzo ridotti a fotografie sbiadite, sicché gran parte del loro potere deriva dall'idea di tale potere. Perché restiamo attaccati alla superstizione parentale? Come mai questa idea continua a farci da padre e da madre, ci conforta? Abbiamo forse paura di lasciare entrare il daimon nella nostra vita, paura che ci abbia chiamato, che ci stia ancora chiamando, e per questo ci rifugiamo in cucina? Ci ritraiamo in spiegazioni che coinvolgono i genitori, piuttosto che affrontare le pretese del destino".
[...]
"Il daimon è dotato di prescienza - non dei particolari, forse (...), perché non ha il potere di manipolare gli eventi per conformarli all'immagine e adempire la vocazione. La sua prescienza, dunque, non è perfetta ma limitata, riguarda piuttosto il senso generale della vita in cui si incarna. Inoltre, il daimon è immortale, nel senso che non ci lascia mai e non può essere liquidato dalle spiegazioni di noi mortali.
C'entra molto con i sentimenti di unicità, di grandezza, e con l'inquietudine del cuore, con la sua impazienza, la sua insoddisfazione, i suoi struggimenti. Ha bisogno della sua parte di bellezza. Vuole essere visto, ricevere testimonianza, riconoscimento, soprattutto dal suo padrone. E' lento ad ancorarsi e svelto a volare. Poiché non può dimenticare la sua propria vocazione divina, si sente insieme esule sulla terra e partecipe dell'armonia del cosmo. Le immagini e le metafore sono la sua lingua madre, innata, la stessa che costituisce la base poetica della mente e rende possibile la comunicazione con tutti gli uomini e tutte le cose".
Molto belle queste parole di James Hillman, tratte dal suo Codice dell'Anima.
Oggi non ho voglia di spiegare cosa sia il daimon, ma di onorarlo, parlarne, sì. Per saperne di più - se volete - leggete il suddetto libro, ne vale la pena... e Hillman è decisamente più adatto della sottoscritta nel far cadere barriere e luoghi comuni sul destino, sul fato, sulla predeterminazione o sulle influenze "dall'esterno" nella nostra vita...
Il daimon chiama, ha sempre chiamato, in ogni istante della nostra esistenza.
Quello a cui ci opponiamo è propria la sua chiamata, che appartiene ad un altro mondo che di questo ben poco sa, o meglio ben poco vuole saperne. Per lui l'essenza è nell'invisibile, perché dall'invisibile procede ogni cosa... e inorridisce di fronte alla necessità di misurare della nostra mente limitata...
Non c'è nulla da misurare, da spiegare, da contenere.
"Vuole essere visto" dice Hillman, e così è. Finché non lo vedrete, finché non lo accoglierete quale figlio e genitore di voi stessi, boicotterà ogni vostro tentativo di credere di poter esistere senza di lui... perché se esistete è proprio per la sua volontà di dare forma alla sua essenza.
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"Il daimon è dotato di prescienza - non dei particolari, forse (...), perché non ha il potere di manipolare gli eventi per conformarli all'immagine e adempire la vocazione. La sua prescienza, dunque, non è perfetta ma limitata, riguarda piuttosto il senso generale della vita in cui si incarna. Inoltre, il daimon è immortale, nel senso che non ci lascia mai e non può essere liquidato dalle spiegazioni di noi mortali.
C'entra molto con i sentimenti di unicità, di grandezza, e con l'inquietudine del cuore, con la sua impazienza, la sua insoddisfazione, i suoi struggimenti. Ha bisogno della sua parte di bellezza. Vuole essere visto, ricevere testimonianza, riconoscimento, soprattutto dal suo padrone. E' lento ad ancorarsi e svelto a volare. Poiché non può dimenticare la sua propria vocazione divina, si sente insieme esule sulla terra e partecipe dell'armonia del cosmo. Le immagini e le metafore sono la sua lingua madre, innata, la stessa che costituisce la base poetica della mente e rende possibile la comunicazione con tutti gli uomini e tutte le cose".
Molto belle queste parole di James Hillman, tratte dal suo Codice dell'Anima.
Oggi non ho voglia di spiegare cosa sia il daimon, ma di onorarlo, parlarne, sì. Per saperne di più - se volete - leggete il suddetto libro, ne vale la pena... e Hillman è decisamente più adatto della sottoscritta nel far cadere barriere e luoghi comuni sul destino, sul fato, sulla predeterminazione o sulle influenze "dall'esterno" nella nostra vita...
Il daimon chiama, ha sempre chiamato, in ogni istante della nostra esistenza.
Quello a cui ci opponiamo è propria la sua chiamata, che appartiene ad un altro mondo che di questo ben poco sa, o meglio ben poco vuole saperne. Per lui l'essenza è nell'invisibile, perché dall'invisibile procede ogni cosa... e inorridisce di fronte alla necessità di misurare della nostra mente limitata...
Non c'è nulla da misurare, da spiegare, da contenere.
"Vuole essere visto" dice Hillman, e così è. Finché non lo vedrete, finché non lo accoglierete quale figlio e genitore di voi stessi, boicotterà ogni vostro tentativo di credere di poter esistere senza di lui... perché se esistete è proprio per la sua volontà di dare forma alla sua essenza.
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